Per poter licenziare non è sufficiente che il lavoratore sia stato penalmente condannato per aver sottratto e consumato prodotti aziendali.


Nonostante il contratto  collettivo applicato (cooperative distribuzione) riconducesse la sanzione del licenziamento alla commissione di fatti che integrassero l'appropriazione indebita di prodotti aziendali  e nonostante, per tali condotte,  i lavoratori di un supermercato fossero stati condannati penalmente, i relativi licenziamenti sono stati ritenuti illegittimi in quanto non connotati da gravità sufficiente per ledere il vincolo fiduciario  con il datore di lavoro.
Infatti, per la Suprema Corte, occorre sempre esaminare in concreto la gravità dell’infrazione sotto il profilo oggettivo e soggettivo e sotto quello della futura affidabilità del dipendente a rendere la prestazione dedotta in contratto. Nel caso di specie  i giudici di legittimità hanno ritenuto che i fatti erano caratterizzati da particolare "tenuità del danno, trattandosi di beni di scarso valore commerciale e consumati sullo stesso luogo di lavoro senza ricorrere a loro occultamento o ad altre precauzioni sintomatiche della consapevolezza dell’illiceità della condotta". Infine, "non si può automaticamente far discendere la sanzione di natura privatistica da quella penalistica, trattandosi di illeciti e relative sanzioni che hanno finalità e presupposti diversi" (CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 luglio 2015, n. 15058).
Fonte: TELECONSUL EDITORE

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